La produzione e la distribuzione del ghiaccio a livello industriale ha rappresentato un elemento piuttosto importante dell’economia in Puglia e, in particolare, nel Gargano e nella Murgia dove erano più abbondanti le nevicate invernali. La Neviera di Petra Nevara è senz’altro la neviera che si è conservata meglio e più di tutte può rendere l’idea, nella sua maestosità  , dell’importanza che questo commercio aveva fino all’inizio del novecento. La posizione particolare di Martina Franca è una delle ragioni del successo industriale e commerciale: infatti Martina Franca è l’ultimo ‘avamposto’ delle colline pugliesi prima della piana del Salento. Solo da Martina era pertanto possibile commercializzare il ghiaccio vendendolo alle ricche famiglie nobiliari leccesi e del Salento in generale. È noto che nei palazzi nobiliari leccesi era d’obbligo  avere, nel sotterraneo, una stanza ben ‘coibentata’ che fungeva da ghiacciaia (dove ghiacciaia è diverso da neviera, ovvero serve non alla produzione , ma alla conservazione del ghiaccio). Solo dalle neviere di Martina era pertanto possibile inviare ghiaccio fino a Lecce,  nottetempo, con carri trainati da cavalli , i traini,  sui quali il ghiaccio era ben coperto da paglia: si percorrevano oltre  100 km in una intera notte.

La distribuzione del ghiaccio non era solo per la ‘esportazione’ in Salento. Martina era nel 700 una città ricca e con fiorenti   attività commerciali ed  artigianali, con una ricca borghesia ed un ricco clero La distribuzione del ghiaccio nella sola città di Martina Franca  aveva importanti ricadute economiche, e giustificava pertanto questa importante fabbrica di Ghiaccio, che rimase attiva almeno fino alla fine dell’ottocento ed inizio novecento quando aprì la prima Ghiacciaia, ovvero una fabbrica di ghiaccio con frigorifero industriale che produceva grossi parallelepipedi  e che era ancora esistente in Corso dei Mille fino agli anni sessanta.

Occorre aggiungere un altro aspetto importante per capire la maestosità architettonica  della neviera Petra Nevara, profonda 15 metri e ben strutturata sul piano architettonico, al contrario di molte neviere che sono presenti sul Gargano che sono spesso poco più che grossi buchi  sotterranei: il Duca di Martina, che non aveva proprietà territoriali, di pertinenza delle famiglie nobiliari Martinesi, aveva invece la ‘privativa’ sulla vendità del ghiaccio, ovvero il monopolio, che poteva concedere ad ‘imprenditori’ con appalti a tempo. La Neviera diviene pertanto una fonte di reddito discretamente importante per il Duca  ed è ovvio  lui  investisse molti denari per la costruzione di neviere grandi, spaziose, efficienti, quale è quella di Petra Nevara. Tale era la ricchezza generata dal commercio che alla Neviera accessibile ai visitatori di Petra Nevara, ne fu aggiunta successivamente una seconda, il cui tetto spiovente in pietra è visibile nel salone grande della neviera. Questa seconda neviera, altrettanto grande e profonda 12 metri, è attualmente usata come cisterna per la irrigazione.

I diversi usi che in passato si facevano  del ghiaccio giustificano  l’importanza di questo commercio.

  • Uso culinario. La conservazione del cibo per secoli è stata affidata al sale. Ma solo il ghiaccio permetteva di conservare il cibo per alcuni giorni senza alterare i sapori.
  • Preparazione di sorbetti e gelati: la ricchezza delle casate nobiliari giustificava qualunque prezzo pur di soddisfare il palato; la moda del sorbetto, esportata dalla reggia di Napoli alla reggia  di Francia grazie all’italiano Procopio ed al vento italiano che portò in quella reggia Caterina de’ Medici, si diffuse di ritorno in tutti i territori del sud Italia soprattutto nel Regno delle Due Sicilie e non c’era evento, ricevimento o festa in cui non  si faceva sfoggio di elaborati sorbetti. Più semplicemente, era abitudine per i tarantini  venire durante la calura estiva a passare un pomeriggio a Martina Franca, al fresco, degustando i sorbetti preparati dalle pasticcerie locali.
  • Uso medico. Fino all’avvento degli antibiotici era normale avere infezioni che, scarsamente controllate, portavano a febbri importanti. Il controllo della febbre avveniva anche grazie all’uso del ghiaccio che veniva prescritto dai medici. Ancora oggi, per il controllo della febbre tifoide, di prescrivono impacchi di ghiaccio.

Visitare la Neviera di Petra Nevara è una esperienza di ‘archeologia industriale’ che dobbiamo soprattutto alla fortuna del mancato abbandono della neviera alla fine dello scorso secolo: infatti, gli ampli spazi esterni, le sale, la neviera stessa, furono riconvertiti per un altro importante uso industriale di inizio secolo scorso: la produzione del vino. Il grande salone adiacente la neviera  è infatti una costruzione del ventennio (l’architettura simmetrica delle travi, gli oblò simmetrici indicano una attenzione architettonica in linea con lo stile del periodo). La scala che porta alla neviera sotterranea è stata costruita allora (nelle neviere non c’erano scale in muratura, si scendeva giù con scale in legno a pioli); il piano calpestabile attuale della neviera sotterranea copre cinque grosse cisterne (profonde cinque metri) che furono costruite per il deposito del vino. La neviera aveva in origine una profondità di 15 metri, senza interruzione di continuita’.

Grazie a questa trasformazione la Neviera si è mantenuta intatta fino ai nostri giorni (lo stabilimento  vinicolo era operativo fino alla seconda guerra mondiale). L’intera struttura fu acquisita dal dr. Giuseppe Pavone ad un’asta pubblica a metà degli anni sessanta. Fu lui ad iniziare il restauro conservativo.

Il restauro è stato di seguito portato avanti nel corso degli ultimi   anni da Paolo Pavone ed è stato del tutto rispettoso degli ambienti, non ha aggiunto nulla, se non una tetto stabile nella prima sala: l’originale tetto in ‘pitchpine’ e tegole rosse, costruito per la trasformazione in casa vinicola, crollò  negli anni settanta dopo una copiosa nevicata.

La riconversione in ‘stabilimento vinicolo’ è una idea che dobbiamo alla iniziativa e alla capacità di un bravo enologo tarantino, Cosimo Torsello, che ha insistito perchè gli spazi sotterranei venissero riproposti per l’uso che era stato fatto fino al la crisi post-seconda guerra mondiale. L’intera valle d’Itria tra Martina, Locorotondo, Cisternino e Ceglie era un’unica grande vigna divisa in piccoli appezzamenti che i singoli contadini coltivavano con amore per poi conferire l’uva agli stabilimenti vinicoli.

Lo stabilimento dei Petra Nevara aveva il valore aggiunto della profonda neviera a temperatura costante di 10-12 gradi, che era utilizzata per lo stoccaggio del vino nelle cisterne sotterranee e per l’affinamento delle grosse botti in legno. Sono ancora presenti nella neviera i muretti che erano utilizzati per appoggiare le botti piu grosse, e erano anche presenti parti di botti quando e’ stato iniziato il restauro. Nella Neviera avviene l’affinamento dei vini di Petra Nevara, in più moderne Botti da affinamento in rovere da 350 litri.

La selezione dei vini da uve pregiate dell’alto salento avviene con la consulenza di esperti che mirano a ottenere un prodotto che sia considerato una eccellenza nella produzione vinicola pugliese. Un target che speriamo di raggiungere con i due rossi (Primitivo e Negroamaro), il rosato ed il bianco con uve Chardonnay.

I nostri Vini

Nevaja – Negroamaro IGT

Vino rosso dal color rubino impenetrabile, al naso si apre con sentori di frutti di boschi e spezie. Al palato si presenta caldo e polposo con i tannini levigati ed equilibrati, chiudendosi sul finale con note di tabacco, cui e liquirizia. Accompagna egregiamente cacciagione, formaggi stagionati, funghi porcini e frutta secca.

Pavone Rosso – Primitivo IGT

Vino primitivo che si presenta alla vista con un rosso rubino intenso con riflessi granato su profumi complessi di ciliegia, lampone, mora, mirto e cacao, chiudendosi con sentori balsamici e speziati.
Morbido ed avvolgente, giustamente tannico, è un vino dalla lunghissima persistenza gustativa.

Da stappare nelle grandi occasioni e in abbinamento classico a carni di carattere.

RosaNevara – Rosato del Salento IGP

Un fresco vino rosato color corallo vivace con un impatto olfattivo di particolare finezza su cui predominano sentori di arancia candita, fragoline e lampone. Armonico, gradevole e vellutato, offre una piacevole sensazione pseudocalorica e una gradevole persistenza, sia all’olfatto che al gusto. Ottimo in abbinamento a carni bianche e minestre, perfetto con la cucina marinara.